Oggi abbiamo partecipato, su invito dell’Amministrazione, ad un seminario illustrativo sull’istituto dello Smart Working, di cui abbiamo annunciato nei giorni scorsi l’avvio di un progetto pilota da parte del Mef.
Il relatore (dell’ “Osservatorio Smart Working”) ha illustrato ai presenti le caratteristiche di quella che può essere considerata una nuova, rivoluzionaria filosofia lavorativa che mira a “restituire” alle persone autonomia e flessibilità nello svolgimento delle proprie mansioni, svincolato da parametri spaziali e temporali, così da riequilibrare il rapporto tra vita lavorativa e vita privata consentendo l’eliminazione di quei tempi morti (ad esempio spostamenti) che vanno ad incidere su entrambe.
L’istituto, se ad oggi ha avuto un impatto importante nel settore privato, che ha visto il 30% delle grandi aziende approcciare tale nuova modalità professionale coinvolgendo circa 250 mila lavoratori, lo stesso non può dirsi per il settore pubblico, dove le uniche due Amministrazioni centrali che hanno intrapreso la sperimentazione sono la Presidenza del Consiglio e, appunto, il Mef.
Ciò che però ci ha reso perplessi è stata l’esposizione di un modello esemplare, quasi “patinato”, che inevitabilmente va a scontrarsi con la dura realtà che investe la pubblica amministrazione italiana.
Infatti, è innegabile ciò che il relatore ha affermato, e che noi condividiamo assolutamente e convintamente, e cioè che uno dei principali obiettivi dello Smart Working è quello di valorizzare la professionalità del dipendente, dotandolo delle condizioni necessarie per svolgere il proprio lavoro al meglio, ma anche dando la possibilità di poter dare una valutazione reale delle performance in un contesto generale che vorrebbe rimettere la Pubblica Amministrazione al centro del sistema produttivo del paese.
Ma come può tutto ciò conciliarsi con l’attualità, che vede invece il lavoro pubblico in uno stato di arretratezza estrema, ancorato a vecchie logiche più proprie ad una catena di montaggio che ad una filosofia manageriale? Un sistema che ancora vede la presenza fisica in ufficio quale principale criterio per il pagamento del trattamento accessorio, in mancanza di un sistema di valutazione delle performance serio ed oggettivo? E come può lo stesso legislatore da un lato prevedere nuove forme flessibili di lavoro che mirino ad introdurre policy virtuose e responsabilizzanti, dall’altro continuare a produrre norme penalizzanti e punitive nei confronti dei dipendenti pubblici? Possiamo realmente fidarci di un governo che ha aperto alla possibilità di, finalmente, rinnovare i contratti solo perché “costretto” dalla Corte Costituzionale, e che nell’adottare decreti attuativi della riforma della PA sceglie di dare enfasi ai soli provvedimenti riguardanti i licenziamenti e le visite mediche?
Noi come UIL vogliamo e dobbiamo ancora credere che vi sia spazio per un doveroso rilancio del lavoro pubblico, per cui ci faremo noi stessi promotori per lo sviluppo di questo progetto pilota, poiché siamo convinti che la grande professionalità e serietà di cui sono dotati i dipendenti pubblici, da cui abbiamo chiari segnali di un forte interesse verso questo nuovo istituto, farà sì che vengano rispettate tutte le condizioni di efficienza ed utilità che lo Smart Working può offrire, rendendo il suo utilizzo stabile e conveniente per entrambe le parti.
Per le stesse motivazioni, ribadiamo la richiesta, già inoltrata all’Amministrazione, di un incontro che tenda a chiarire le modalità di applicazione del progetto pilota: ciò che sappiamo al momento è che riguarderà solo 200 unità, non comprenderà gli uffici territoriali (l’Amministrazione ritiene che, in fase sperimentale, sia più semplice gestire solo gli uffici centrali) e che in questa fase non ci saranno modifiche al rapporto giuridico; in seguito potranno eventualmente essere modificati i criteri, anche se riteniamo che ciò possa penalizzare chi ha già partecipato alla sperimentazione, come ad esempio la previsione o meno del buono pasto.
Il nostro obiettivo sarà quello di cercare di rendere il progetto più trasparente ed equo possibile, con il fine di trasformare ciò che rec sic stantibus appare solo un sogno, in una possibile e stabile realtà, a beneficio di tutte le parti in causa.
Roma, 22 maggio 2017
Il Coordinatore Sostituto Il Vice Coordinatore
Valerio Romito Pantalea Anzalone