La chiusura dell’accordo sulle Posizioni economiche e sulle Posizioni organizzative 2016 raggiunta tra l’Amministrazione ed alcune delle OO.SS. ha, com’è ovvio, suscitato reazioni di varia natura, visto l’iter molto travagliato della trattativa e l’importanza che essa rivestiva fra i lavoratori, che giustamente attendevano, anzi quasi pretendevano il ripristino, dopo sei anni, di un giusto percorso di progressioni e gratificazioni professionali ed economiche. Per cui appare quantomeno doveroso spiegare più dettagliatamente le ragioni della nostra scelta di non sottoscrivere l’intesa.
Abbiamo costantemente scelto, nello svolgere il nostro ruolo sindacale, di muoverci sempre e comunque all’interno delle regole, condivisibili o meno che fossero, poiché se si pretende dagli altri correttezza e rispetto delle norme, bisogna comportarsi di conseguenza. Insomma, per usare un’altra parola, per noi al primo posto viene la coerenza.
Nel corso di queste frenetiche settimane e finanche giovedì sera, ci è stato chiesto di avallare un qualcosa che è al di fuori delle regole, sia normative che contrattuali. Perché le modalità che costituiscono l’accordo che è venuto fuori non sono contenute in nessun dispositivo di legge, né tantomeno in alcun contratto: di fatto è stato creato un qualcosa che non esisteva, e che per noi non avrebbe ragione di esistere. E questo qualcosa rischia di far saltare l’intera procedura.
Infatti, e lo ribadiamo ancora una volta, se il contratto prevedeva gli ormai famosi tre criteri, ossia anzianità, titoli di studio e formazione ai quali attribuire un punteggio, era del tutto evidente che i partecipanti alla selezione avrebbero dovuto possedere tutti i suddetti requisiti richiesti ad una certa data; dunque anzianità maturata, titoli acquisiti e formazione già svolta. Ed invece, anziché considerare tale un regolare (ed eventuale, visto che sarebbe dovuto essere garantito a tutto il personale) percorso di formazione estratto da un conforme e adeguato piano formativo (sia esso annuale o pluriennale, redatto in base alle esigenze formative ed alle necessità dell’Amministrazione stessa, e che mirasse ad un effettivo accrescimento della professionalità sulla base delle mansioni svolte) quello che accadrà nei prossimi mesi sarà un qualcosa di profondamente diverso: verrà infatti attribuito un punteggio ad un corso, su materie generiche e del tutto accademiche o branche delle stesse (basti guardare l’elenco fornito dall’Amministrazione stessa, altro che attinenza alle mansioni quotidianamente svolte) con esame finale che, al momento in cui verrà emanato il bando sulle progressioni, non sarà ancora stato realizzato, anzi non avrà nemmeno avuto inizio, visto che la condizione per parteciparvi è proprio quella di aderire al bando stesso. Non ci vuole dunque una perspicacia particolare per capire che di formazione non si può proprio parlare, ma va chiamata per quella che è: una prova d’esame, in una procedura in cui la prova d’esame non è assolutamente prevista. Oltretutto i “corsi” sono previsti tra luglio e settembre: dovendosi effettuare in orario di lavoro, e prendendo atto che il personale avrebbe anche il sacrosanto diritto di riposarsi in estate (si è tenuto conto, come previsto dal CCNL, che per almeno due settimane i lavoratori hanno diritto ad assentarsi dal servizio?), non è difficile prevedere il rischio che a settembre l’attività degli uffici, in periferia come al centro, ove quei mesi sono i mesi caldi anche per la predisposizione del Bilancio dello Stato, di cui il nostro Dicastero dovrebbe essere l’artefice, dovrà giocoforza bloccarsi quasi completamente per consentire il completamento dei moduli che, giova ricordarlo, deve essere garantito a tutti i dipendenti. Dirigenti permettendo, aggiungiamo noi…
Appare poi francamente risibile la giustificazione per cui il ricorso a tale pratica escogitata avrebbe evitato il ricorso alla valutazione della performance: dimenticando però che nel nostro Ministero non esiste ancora un sistema di valutazione, per cui come avrebbero potuto applicare un qualcosa che non è ancora stato creato (affermazione al tavolo negoziale dell’Amministrazione stessa)? Ed anche qualora ci fosse stata presentata una simile proposta perché avremmo dovuta accettarla (almeno per quanto ci riguarda)? Ma magari un accordo del genere, chiuso al MEF, può ben essere “rivenduto” in altre Amministrazioni dove invece la valutazione del personale è già attiva? Siamo dunque diventati mera merce di scambio?
Chi ha sottoscritto l’accordo ha motivato la sua scelta con la necessità di non perdere tale opportunità e consentire comunque lo svolgimento della procedura delle progressioni economiche, cercando di strumentalizzare la nostra non adesione.
Ognuno è ovviamente libero di assumere le decisioni che ritiene più opportune. E stavolta, secondo noi, chi ha scelto ha ritenuto che ciò fosse il male minore.
Vorremmo, anche ricordare ad alcune di queste OO.SS. firmatarie che ci era stato proposto un documento unitario quasi interamente condivisibile (che successivamente è stato ugualmente inviato, col medesimo contenuto, ma singolarmente dalle sigle proponenti), ed al quale volevamo aggiungere di non legare la formazione alle progressioni economiche perché le stesse hanno due percorsi paralleli; il non accoglimento di tale richiesta costituisce il motivo della nostra mancata adesione a tale iniziativa. Siamo ancora convinti che un esame finale della formazione, che deve essere garantita a tutto il personale, programmata e inerente all’attività lavorativa affidata, è tutt’altra cosa rispetto ad una batteria di quiz su materie attitudinali generiche paragonabili alla preselezione di un corso concorso.
Noi però ci chiediamo: che senso ha, in una contrattazione in cui il parere dei Sindacati è vincolante per la chiusura di un accordo, e nella quale dunque si deve puntare ad ottenere il meglio possibile, assecondare le imposizioni, anche assurde dell’Amministrazione, pur di ottenere il minimo indispensabile, anche se appena tollerabile? Meglio dunque l’uovo (anche marcio) che la gallina, considerando oltretutto che tutto il circo sarà finanziato con i soldi del FUA, e dunque dei lavoratori?
E che dire poi della firma sul protocollo delle Posizioni organizzative, considerata, non si capisce bene perché, praticamente automatica e consequenziale a quella sulle progressioni, e che ha essenzialmente consegnato nella libera disponibilità dell’Amministrazione un milione e mezzo di soldi nostri, senza che ci venisse fornita, neppure in minima parte, alcuna informativa sui criteri che guideranno le relative scelte?
L’ostinazione, divenuta in certi frangenti quasi testardaggine, con cui l’Amministrazione si è chiusa a riccio nel non voler modificare quell’impostazione, da noi sempre ed apertamente rifiutata, sembrerebbe quasi voler celare un tentativo di creare nuove maggioranze tra i rappresentanti dei lavoratori, allo scopo di isolare un sindacato numericamente “scomodo” che fa paura e mette in grosse difficoltà l’amministrazione, trovando facilmente sponda in chi magari (non riuscendo più a fare breccia nel personale perché anziché lottare per garantire la sicurezza o come in questo frangente una seria e vera formazione che sia tale per tutto il personale) preferisce tutelare proprie posizioni, o peggio ancora teme di scontrarsi con l’Amministrazione per non perdere determinati privilegi. Magari la prossima volta proveranno a toglierci la stanza sindacale e a rinchiuderci in uno scantinato, tentando di isolarci dal personale che rappresentiamo e che continua a premiarci e seguirci nelle nostre lotte.
Ci sembra quasi inutile, infine, aggiungere che noi restiamo come sempre aperti e disponibili a confrontarci con il personale, ricevere suggerimenti, critiche, appoggio o dissenso anche nei prossimi giorni, per valutare meglio il da farsi e ponderare eventuali azioni future, poiché riteniamo che la battaglia sull’accordo e sull’eventuale bando non sia ancora finita. Perché i lavoratori restano sempre al primo posto, non c’è quiz che tenga.
Roma, 4 aprile 2016 Il Coordinamento
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