LA MONTAGNA E IL TOPOLINO

Circa due anni fa l’Amministrazione costituì una task force con l’obiettivo di operare quella riorganizzazione dei servizi così tanto attesa da dirigenti e dipendenti del MEF, che aderisse in maniera organica e funzionale alle nuove esigenze ed ai cambiamenti in atto nelle pubbliche amministrazioni centrali e territoriali. “La montagna ha partorito l’ennesimo topolino”. Così possiamo definire il risultato dei lavori. Infatti, quella che ci viene proposta è di tutta evidenza una riorganizzazione che adegua la nuova mappa territoriale al numero di dirigenti sopravvissuti ai tagli. Il tutto avviene mentre le altre amministrazioni si orientano verso organizzazioni di tipo regionale e interregionale, con individuazione anche territoriale di dirigenti a contratto scelti tra i funzionari più qualificati, oltre a prevedere riqualificazioni e creazione di posizioni organizzative e di funzione.
Nel dettaglio:

  1. Gli artt. 2 e 3 fissano il numero degli uffici territoriali in 87, così come già previsto dall’ultimo DM, accorpandone 12 presso altrettante sedi geograficamente vicine, ed alle quali è preposto un unico direttore, pur mantenendo la duplice articolazione logistica (dirigenti che, oltretutto, si dovranno spostare per svolgere la loro attività da un capoluogo di provincia all’altro a spese proprie, non essendo previsto alcun rimborso nemmeno parziale); tale provvedimento ha un precedente, dal contenuto pressoché identico, che accorpava alcune sedi, e che di fatto costituì l’anticamera della successiva chiusura definitiva di tali uffici, avvenuta poi nel febbraio scorso: a pensar male si fa davvero peccato?
  2. Lo stesso articolo 3 comma 1 continua ad indicare alcune RTS con unica sede, con il doppio nome, come se le stesse fossero presenti fisicamente sui territori indicati: a nostro parere, bisogna limitare la denominazione della sede alla provincia in cui si trova materialmente l’ufficio dirigenziale, prevedendo un’apposita tabella riportante il territorio di competenza.
  3. L’art.5 riserva alcune attività proprie delle RTS ai capoluoghi regionali in via esclusiva, con alcune ripetizioni quali l’allocazione delle Commissioni Mediche di Verifica, già in capo alle sedi regionali dal 2011; o ancora assegnazioni prettamente formali come la competenza sul contenzioso relativo alle pensioni di guerra e tabellari, che di fatto continuerà ad essere evaso dalle sedi territoriali che ne mantengono la gestione, e che perciò resteranno le uniche competenti ad entrare nel merito in fase di predisposizione delle memorie difensive.
  4. Altrettanto incomprensibile appare la previsione di una gestione unificata delle attività relative al consegnatario dei beni mobili e sull’acquisizione di beni e servizi, nonché l’accentramento dei servizi in materia di depositi definitivi considerato che, almeno apparentemente, pare non siano previste variazioni di sorta in merito all’ampliamento delle piante organiche.

Dunque ci chiediamo:

Dobbiamo aspettarci l’ennesima spoliazione di presidi di Stato nei territori, con conseguenti ed inevitabili disagi ai cittadini (oltre al messaggio che ne deriverebbe in un momento storico in cui la distanza tra istituzioni e popolo è ai massimi storici), oltre che ad una nuova mobilità forzata e selvaggia per il relativo personale?

Inoltre, sfuggendoci la ratio complessiva del provvedimento, a fronte di un risparmio di spesa evidentemente inesistente, tutto ciò comporterà, oltre ai soliti disagi chilometrici per cittadini, enti ed imprese, un inutile quanto irrazionale aggravio di carichi di lavoro per le sedi capoluogo?

Restando a disposizione per un possibile confronto su tale tematica cordialmente salutiamo.

Roma, 18 giugno 2015

        P. ANZALONE      A. G. BORDINI       G. COMPAGNONE       N. PRIVITERA        V. ROMITO

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