CC.TT.: DOSSIER PER IL MINISTRO

Egregio Sig. Ministro, In ordine all’ipotesi di riforma della giustizia tributaria anticipata in questi giorni  da diversi quotidiani – ipotesi che prevede l’introduzione del giudice tributario professionale, l’istituzione di un unico  Tribunale Tributario di primo grado nel capoluogo di regione (sul modello dei TAR) ed il trasferimento selle segreterie dal MEF alla Presidenza del Consiglio – riteniamo opportuno manifestare alcune perplessità in relazione non solo agli effetti che tale riforma comporterebbe per il personale delle segreterie, quanto soprattutto alle conseguenze che produrrebbe nei confronti di molti utenti della giustizia tributaria.

Sarebbe infatti auspicabile che, prima di attuare qualsiasi riforma che preveda la soppressione delle CCTT provinciali,  si tenesse debitamente conto di una caratteristica peculiare del contenzioso tributario che lo distingue da qualsiasi altro processo.
Da sempre infatti – e dopo l’attuazione del federalismo fiscale con frequenza crescente - il giudice tributario è chiamato a decidere su controversie di modesto valore (talvolta di poche decine o centinaia di euro) e  proprio per tale ragione nel processo tributario,  a differenza  di qualsiasi altro processo nel nostro paese, non vige e non è mai stato introdotto l’obbligo di difesa tecnica, né l’obbligo di domiciliazione sulla piazza del giudice adito.
Risulterebbe d’altra parte oltremodo illogico costringere i cittadini ad avvalersi dell’opera di un professionista abilitato per opporsi a pretese in materia di IMU, TARI o bolo auto di 200 o 300 euro e nondimeno illegittimo costituzionalmente precludere in tali casi agli utenti la possibilità di agire in giudizio, visto che secondo l’art.24 tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (1 comma)   e   la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (2 comma).
Non a caso quindi  il vigente art. 12, comma 5,  del D.Lgs n.546/1992 (ma la situazione era analoga nel periodo di vigenza del D.P.R. 636/1972) stabilisce espressamente che  quando il valore della controversia non supera la soglia di € 2.582,28 al netto di sanzioni ed interessi  – soglia tutt’altro che irrisoria,  perchè include quasi tutti i ricorsi contro atti o provvedimenti relativi ai tributi locali –  i privati possono agire in giudizio senza l’ausilio di un professionista.
Capita pertanto con frequenza che presso gli uffici periferici si rechino cittadini completamenti digiuni di nozioni di diritto tributario sostanziale e processuale – pensionati, casalinghe, giovani, stranieri, ecc… - per chiedere al personale di segreteria informazioni essenziali quanto meno per instaurare correttamente il giudizio.
A prescindere quindi da ogni altra considerazione sull’opportunità di introdurre la figura del giudice togato e di estendere l’ambito applicativo dell’istituto della mediazione anche alle controversie erariali di maggior valore, è evidente che sopprimere le commissioni di primo grado significherebbe di fatto privare di adeguata  assistenza una cospicua fetta di utenti della giustizia tributaria.
Il tutto per conseguire un risparmio di spesa in molti casi marginale e talvolta persino inferiore alla retribuzione accessoria di alcuni dirigenti di  enti locali; in Italia, infatti, la maggior parte delle commissioni provinciali è costituita da uffici di piccole dimensioni – che hanno da due a quattro sezioni attive e non più di 10 dipendenti –, per i quali le spese di funzionamento, grazie all’informatizzazione del processo ed al netto delle retribuzioni del personale, non superano 40.000/50.000 euro per esercizio e risultano in ogni caso ampiamente coperte dalle somme riscosse a titolo di contributo unificato.
E’ doveroso inoltre  evidenziare che, per effetto sia dell’introduzione sia del contributo unificato tributario che della regola che in caso di rigetto del ricorso impone al giudice di condannare la parte soccombente alle spese di giudizio - con l’onere altrimenti di motivare espressamente un’eventuale pronuncia di compensazione -, le potenziali conseguenze derivanti dalla proposizione di ricorsi “artigianali” magari anche fondati nel merito, ma dichiarati inammissibili per vizi di procedura, possono attualmente risultare particolarmente onerose proprio per le fasce di utenza più deboli.
Anche alla luce di tali ultime considerazioni, pertanto, apparirebbe vessatoria e probabilmente anticostituzionale, per contrasto con il richiamato art. 24 della nostra costituzione, una riforma della giustizia tributaria che, per controversie di modesto valore, frapponesse un ulteriore significativo ostacolo all’accesso  alla giustizia tributaria, sopprimendo gli uffici periferici del contenzioso tributario di primo grado ed accentrando la competenza su un unico tribunale sito nel capoluogo di regione (secondo un modello organizzativo già sperimentato per la giustizia amministrativa e contabile, a cui però si rivolgono abitualmente solo utenti professionali e qualificati).
Una tale riforma, infatti, finirebbe per privare molti cittadini, pur  formalmente abilitati ad agire direttamente in giudizio, di un’adeguata, più capillare ma necessaria assistenza, costringendoli di fatto a rinunciare in molti casi al diritto di difesa, non solo per non  esporsi al rischio di pesanti conseguenze in caso di esito sfavorevole, ma soprattutto per l’intuibile e oggettiva difficoltà di avviare e coltivare un giudizio presso uffici giudiziari molto distanti senza l’ausilio di professionisti – professionisti peraltro sicuramente poco interessati ala gestione di liti di modesto valore -.
Da ultimo, infine, non possiamo non chiederci se sia così utile e opportuno smantellare oggi, l’unico apparato che garantisce oggi, con costi decisamente più contenuti di quelli di altri organi giurisdizionali, tempi di risposta decisamente contenuti alle istanze di giustizia di tutti contribuenti.

 

Roma, 08 giugno 2015

 

    Il Responsabile Nazionale CC.TT.                   Il Coordinatore Generale
               Massimo Zanetti                                    Andrea G. Bordini 

 

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