RELAZIONE RSA DIRIGENTI MEF

Cari amici, riteniamo importante commentare brevemente in questa sede gli ultimi accadimenti che interessano tutti noi.
Eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Un dipendente pubblico è a tempo indeterminato se vince concorso. Un dirigente no. Stop allo strapotere delle burocrazie ministeriali”. (Job Act, n.6).
"Bisogna legare le retribuzioni dei dirigenti all'andamento generale dell'economia" (Matteo Renzi).
Passiamo alle dichiarazioni del mministro della pubblica amministrazione Madia:
«Dobbiamo uscire dall'idea della frammentazione, dall'idea che ci siano più pubbliche amministrazioni. I dirigenti si devono sentire dirigenti "dello Stato", non di un ufficio».
Ed ancora: "non abbiamo bisogno di specialisti ma di manager".
Il ministro ha sottolineato la necessità del "nuovo" ruolo unico della dirigenza, che dovrebbe permettere l'intercambiabilità e la mobilità dei dirigenti tra i diversi settori della Pubblica amministrazione.
Il ministro si è poi soffermato sula nuova carriera "mobile" per i dirigenti: sarà possibile tornare indietro: «non si avranno più carriere legate al solo automatismo», ma si andrà avanti in base «alla valutazione e al merito« del proprio lavoro. «Oggi non c'é incentivo a fare bene il proprio lavoro. Si passa dirigente di prima fascia solo se si libera un posto e, soprattutto, se si fa male da dirigente di prima fascia non si torna indietro». L'idea nuova del governo, ha concluso, é invece una carriera che si svolge «in modo assolutamente mobile: si può salire e si può scendere»
Tra le altre proposte di riforma anche la norma che amplia al 30% la percentuale dei dirigenti che possono essere cooptati senza concorso, ovvero per chiamata “fiduciaria” dai sindaci negli enti locali.
Senza dilungarsi troppo, si sono qui citate solo alcune delle idee di riforma della dirigenza pubblica del nuovo esecutivo, alcune rimaste a livello di annunci in documenti informali, "lettere ai pubblici dipendenti", interviste o dichiarazioni, mail, hashtag, tweet, slide, post sui social  network, altre, purtroppo, davvero trasfuse nel disegno di legge delega di riforma della dirigenza pubblica approvato nel Consiglio dei ministri del 10 luglio, il tutto, come sempre, senza che vi sia stato un reale confronto con i rappresentanti dei lavoratori, ossia di chi quelle riforme si troverà poi a dovere attuare!
Tali proposte proseguono nel solco improvvidamente tracciato dal Governo Monti che aveva già varato il comma 18 dell'art. 1 D.L. 138/2011, norma odiosa e a forte dubbio di costituzionalità, la quale permette di destinare altrove un dirigente prima della data di scadenza dell'incarico.
Tale DDL, nessuno al momento può nemmeno lontanamente immaginare quale sarà la versione definitiva al momento della promulgazione e cosa ci finirà dentro, è solo l'ultimo atto di un profluvio normativo frutto di improvvisazione, di logiche emergenziali, di furori ideologici, di propagandismo demagogico, se non quando di vere e proprie logiche clientelari con varo di leggi speciali ad personam.
Ora, non è dato sapere di quali consulenti o consiglieri si circondi il ministro. Possiamo però darLe due consigli:
Il primo: li cambi!
Il secondo: provi a entrare in un ente e cerchi di capire cosa significhi oggi, nella pubblica amministrazione italiana, essere responsabile di un ufficio!
Perché consigliamo questo?
Perché le proposte di riforma denotano: disconoscenza dei principi costituzionali posti a presidio del diritto dei cittadini e delle imprese ad una buona amministrazione e talvolta,financo, delle norme di legge e contrattuali già in vigore!
Non si comprende infatti come si possano formulare, a distanza di pochi mesi se non di giorni, proposte così contraddittorie e talora farneticanti.
Quello che chiaramente emerge è una totale disconoscenza dei meccanismi della pubblica amministrazione nonché dei reali bisogni del Paese, che si concretizza in una politica fatta di annunci roboanti, di aggressioni mediatiche, nella logica dei tagli lineari e dei contenimenti di spesa indiscriminati.
Si pongono ora alcune domande:
A chi serve la precarizzazione della dirigenza legata allo spoyl system selvaggio e al funzionamento dell’istituendo ruolo unico?
A chi serve la dispersione delle specifiche professionalità formatesi presso ciascuna amministrazione?
A chi serve estremizzare l'infelice esperienza della dirigenza esterna per chiamata diretta?
A chi serve privare la dirigenza pubblica del suo ruolo scredititandola agli occhi della pubblica opinione?
A chi serve una dirigenza precaria posta a zerbino degli organi di governo?
A chi serve un clima forcaiolo nei confronti del pubblico impiego?
Noi crediamo serva a una classe politica rozza, improvvisata e incolta, insofferente alle regole, dai modi spicci, ansiosa di recitare nell'immaginario collettivo, ancor più di ora,  il ruolo di unico interlocutore per i cittadini e le imprese, bisognosi di servizi, cui si vorrebbe elargire "favori" anziché assicurare "diritti".
Tutto ciò avviene abusando della logica emergenziale, giustificata dalla lotta alla crisi. Ma quale effettivo impatto può avere la politicizzazione della dirigenza nella lotta a questa crisi? Crisi che, beninteso, non può assolutamente addebitarsi alla pubblica amministrazione!
Noi crediamo che non serva assolutamente a nulla!
Giustamente, per altri aspetti, il nostro segretario generale ha parlato di "gioco delle 3 carte".
Ma allora quali sono le reali problematiche che affliggono la pubblica amministrazione e i suoi dirigenti e sulle quali occorrerebbe intervenire per incrementare l'efficienza e la produttività, la sburocratizzazione?
Noi crediamo occorra applicare effettivamente, rafforzandolo, il principio della separazione tra la funzione di indirizzo, riservata al potere politico, e quella dell'agire amministrativo, principio cui è informato il nostro ordinamento.
In considerazione dell'attuale numero di dipendenti pubblici, ormai inferiore a quello degli altri paesi occidentali, crediamo occorra la cessazione immediata del blocco del turn over col conseguente venir meno dei suoi devastanti effetti di erosione e obsolescenza degli organici.
Noi crediamo occorra mettere i dirigenti nelle condizioni  di definire gli obiettivi di lungo termine, negoziare il budget, esercitare il controllo pieno ed effettivo sulle risorse, umane, finanziarie e materiali, di rispondere dei risultati e non dall'appartenenza politica!
Organizzare gli uffici, gestire il personale, governare le unità organizzative con i poteri del privato datore di lavoro, con autonomia e nel rispetto delle leggi e dei contratti.
Noi infatti, a differenza di questa classe politica, crediamo che il bravo manager non sia quello "prono" che raggiunge gli "obiettivi" dell'amico di turno, ma quello che, nel rispetto delle norme e di tutti gli stakeholders, raggiunge gli obiettivi individuati da una classe politica finalmente matura e capace di programmare.
Per i dirigenti è inoltre ormai indispensabile ottenere  maggiori poteri in materia di utilizzo e uscita del personale.
Senza inventare nulla di particolarmente originale, basterebbe inoltre replicare quanto già attuato in alcune amministrazioni, divenute in pochi anni autentiche isole di eccellenza nel panorama della pubblica amministrazione internazionale, superando a volte in efficienza gli organismi privati. Si pensi per esempio all'INPS o ad alcuni settori del Ministero dell'Economia.
Per far ciò tuttavia occorrono investimenti, risorse adeguate, personale motivato, con forte senso di appartenenza, salari dignitosi rapportati alle effettive responsabilità e alla media europea, altro che blocco dei rinnovi contrattuali!
Proprio stamane l'editoriale dell'economista Lucrezia Reichlin sul Corriere della sera esorta a ripartire con gli investimenti.
Dove reperire le risorse? Basta tagliare esternalizazioni selvagge, consulenze, enti inutili, ridare fiato alla lotta all'evasione fiscale e contributiva...
Il conferimento degli incarichi deve avvenire in modo trasparente e oggettivo, sulla base di valutazione comparativa di curricula, risultati, regolarità delle gestioni passate.
La valutazione deve essere obiettiva, effettuata sulla scorta di obiettivi reali, concreti e misurabili, affidata a organismi indipendenti nei quali devono sedere esperti veri e non politici trombati, personaggi riciclati, sodali vari.
Tutto ciò serve, oltre al perseguimento dell'agognata efficienza, a garantire ai cittadini e alle imprese il rispetto del principio della imparzialità dell’azione amministrativa.
Cari politici, andate a leggere l'articolo 97 della Costituzione!

Viva la dirigenza pubblica! Viva la UIL!

                                                                                 RSA Dirigenti MEF

ALLEGATI:
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