Per il quinto anno consecutivo un presidente del Consiglio dei Ministri ha sentenziato, ma speriamo che sia una promessa che non manterrà, che i dipendenti pubblici debbono rinunciare ai rinnovi contrattuali, a differenza di tutte le altre categorie di lavoratori che invece ne hanno diritto, come se fossimo figli di un dio minore. Questa volta lo ha fatto per bocca della ministra al ramo Marianna Madia, in perfetta continuità con i governi precedenti. Esprimere disappunto e rabbia sarebbe tautologico, sono anni ormai che la classe (non la casta) dei dipendenti pubblici è sottoposta ad ogni tipo di sberleffo, ingiuria e quant’altro si voglia. Siamo stufi. Stufi di continuare a stringere la cinghia, di rinunciare a quel giusto compenso che ci restituisca un qualche briciolo di dignità. Siamo stufi di essere trattati come malfattori, mangiapane a tradimento da governi di diversi colori ma di sostanza non cangiante. Con Brunetta eravamo i fannulloni, con Renzi il tenore delle ingiurie si sarà stemperato nei modi e nell’intensità, ma nei fatti noi siamo sempre quelli che per lo Stato rappresentano un costo, che siamo in tanti, illicenziabili, che fanno crescere la spesa pubblica e che per i quali soldi non ci sono mai. L’affanno e l’impegno con cui il Governo annaspa nel trovare coperture per buchi che lui stesso crea ci commuove; ci indigna quando ci liquida con un’alzata di spalle, quando come Maria Antonietta ci invita a mangiare le brioche se non abbiamo il pane. Magari si trattasse di autoritarismo come sostiene qualcuno, almeno loro, i dittatori, si preoccupavano di far funzionare la macchina statale, se non altro perché ne ricavavano vantaggio. No, è qualcosa di peggio, la bieca logica iperliberista per la quale lo Stato, e chi ci lavora, non serve a nulla, la stessa che invoca la liberalizzazione e la privatizzazione di tutto il privatizzabile: dalla sanità alle carceri passando per l’ordine pubblico e magari i ministeri. Non potendolo sottoscrivere a chiare lettere, almeno si caricherebbe di una responsabilità politica dalla quale invece rifugge, preferiscono agire di fioretto, di stiletto, inceppando i meccanismi, esacerbando gli animi, inquinando i pozzi e mettendoci gli uni contro gli altri secondo la logica del “dividi et impera”: un contentino agli insegnanti e un calcio negli stinchi ai travet. No, noi non vogliamo rinunciare a quel rinnovo contrattuale, a quei pochi maledetti e subito che attendiamo ormai da quattro anni e che rischiamo di non vedere anche per il quinto anno consecutivo; è offensiva la logica di chi vuol far passare per aumento di stipendio lo sconto fiscale di 80 euro a chi sta alla canna del gas, come lascia intendere qualche sottosegretario. Noi vogliamo riappropriarci della nostra dignità ed esercitare quel sacrosanto diritto a rinnovare il nostro contratto di lavoro. Siamo stanchi di questa escalation con la quale prima si minimizzano i sindacati e poi si colpiscono duro i lavoratori; né tantomeno possiamo accettare le argomentazioni della ministra Madia di procrastinare il tutto a quando verrà varata la riforma della Pubblica Amministrazione, in barba agli ispiratissimi slogan che loro stessi si inventano. Passo dopo passo stiamo ancora aspettando il DM di riorganizzazione del MEF, di cui ci è stata comunicata solo la chiusura di 10 sedi della Ragioneria, a conferma che le brutte notizie arrivano sempre tempestivamente, mentre le belle solitamente si fanno attendere. Per ora rinnoviamo il contratto, quando Lei avrà pronta la riforma ne riparleremo. Non vorrà farci credere che il passo dopo passo serve solo al Governo per scansare gli ostacoli più difficili. E’ per questo motivo che la UILPA-MEF vuole far sentire la propria voce e la voce di tutti i lavoratori, non soltanto di quelli che rappresenta.
Roma, 16 Settembre 2014
Il Responsabile Nazionale Il Coordinatore Generale
Edoardo FILIPPONE Andrea G. BORDINI