La UIL, la UILPA e la UILPA-MEF hanno da sempre sostenuto che l’unico modo per sconfiggere questa pandemia, che ci affligge da più di un anno, fosse la somministrazione del vaccino (e la pensa così la popolazione vaccinata, circa l'80%).
E anche se un vaccino non immunizza al 100%, come certificato dalle stesse strutture sanitarie, (ma nessun vaccino lo è mai stato), sicuramente si circoscrivono gli effetti dannosi del virus stesso e si è permesso al sistema sanitario di non collassare per i casi di ricovero. Non si può negare che con il vaccino le possibilità di contrarre o di trasmettere il virus sono nettamente inferiori.
Gli argomenti sulla questione sono tanti e delicati e stanno investendo il mondo del lavoro e il sociale. E non si possono sottovalutare per le tensioni sociali che potrebbero scatenarsi.
Ognuno in democrazia ha il diritto di esprimere e di avere una posizione diversa (come il restante 20%) purché rispetti l'altrui pensiero, e va da sé senza l'uso della violenza, da cui prendiamo nettamente le distanze. La violenza in ogni forma deve essere contrastata e punita, senza sé e senza ma, e non può trovare alcuna giustificazione. Il momento è critico e le tensioni sociali sono dietro l’angolo.
Premesso questo secondo noi ognuno può anche mantenere le proprie posizioni nel non farsi somministrare il vaccino. Ma se il cd Green Pass, certificazione imposta da una norma quasi come un obbligo surrettizio, è a tutti gli effetti un dispositivo di sicurezza, allora, come previsto dal d.lgs. 81/2008, lo stesso dovrebbe essere garantito dal datore di lavoro ai lavoratori e non può essere a carico degli stessi; al pari di altri DPI emergenziali quali le mascherine e il gel sanitario.
Non si può pensare di chiedere a un dipendente di pagare di tasca propria circa 150/200,00 euro al mese per recarsi al lavoro, arrivando anche alla sospensione dal servizio senza retribuzione, equiparando la situazione a chi addirittura commette un reato penale contro lo Stato, e a cui, anzi, viene mantenuto il minimo salariale.
Qualche domanda però ce la poniamo se il Green Pass è da ritenere una sorta di strumento di tutela e sicurezza, perché l’utente PA, che arriva dall’esterno, può esserne privo?
Il dipendente che fa il tampone con esito negativo e poi utilizza i mezzi pubblici affollati per raggiungere il proprio posto di lavoro rimane sicuro? Il tampone negativo è ancora valido?
Con le incongruenze normative rilevate sembrerebbe che l’obbligatorietà del GREEN PASS poco abbia a che fare con rendere sicuri i posti di lavoro e che sia tutto borderline, e non entriamo in merito su eventuali secondi fini suggeriti che a noi poco interessano, perché a noi l’unica cosa che interessa è la sicurezza dei posti di lavoro.
Noi siamo convinti che in questo stato emergenziale pandemico, la cui cessazione ad oggi fino è fissata al 31 dicembre p.v., occorra mantenere nei luoghi di lavoro tutte le restrizioni in vigore. Dalla misurazione della temperatura all’ingresso della sede alla distribuzione dei vari DPI, dall’evitare assembramenti pericolosi.
Sarà necessario quindi stabilire quanto personale al massimo sarà consentito far transitare nello stabile, tenuto conto degli spazi comuni (parcheggi, corridoio, bagni, mense, punti ristoro, stanze etc etc) e quindi del distanziamento previsto anti-covid.
A tal fine rimane essenziale assicurare lo Smart working anche in modalità ordinaria al personale e non prevedere rientri del personale scriteriati e che non siano programmati con un’attenta pianificazione.
Inoltre dovrà essere garantito uno Smart Working totale a tutte quelle categorie che rientrano nei cd “fragili” o a chi presta assistenza agli stessi.
Su questi punti auspichiamo che FP si dia da fare per regolamentare uno istituto di lavoro agile adeguato alla reale situazione della PA e non di quella disegnata dal baraccone mediatico.
In un contesto di erogazione di risorse del PNRR…ci pare azzardato banale che il PIL non parta per colpa del dipendente pubblico (consumo panini, cornetti caffè ed affitti).
Ad oggi abbiamo dimostrato e non a parole, ma anche con lettere di pubblico elogio dai vertici del Governo, dal ministro del Dicastero, dal Ragioniere, dal Capo del DAG che gli obiettivi del MEF sono stati raggiunti in linea con le esigenze del Paese e andando oltre ogni aspettativa... lanciando anche il cuore oltre all’ostacolo.
Noi siamo sempre dalla parte dei lavoratori tutti… perché siamo il sindacato di tutti…. e tuteliamo tutte le diverse posizioni non lasciamo mai nessuno indietro, neanche chi la pensa diversamente da noi, senza innescare polemiche.
Auguriamoci di vedere realizzato un contesto lavorativo sicuro e imperniato sul rispetto della democrazia e della libertà di pensiero che almeno noi non faremo mai mancare a nessuno.
Roma, 12 ottobre 2021 Il Coordinamento