SE QUESTO E’ SINDACATO

La vera moralità consiste non già nel seguire il sentiero battuto, ma nel trovare la propria strada e seguirla coraggiosamente”: facciamo nostra questa massima del Mahatma Gandhi, che ricalca in toto la nostra idea su cosa significhi, per noi fare sindacato, vale a dire dover scegliere, se necessario, la via impervia se essa porta ad ottenere il meglio per coloro che tuteliamo.

L’attività sindacale è frutto di confronti, discussioni, ma anche mediazioni e compromessi, che alla fine devono portare ad effettuare una scelta, precisa e convinta: è chiaro che, spesso, alcune decisioni non possono soddisfare tutti, ma non per questo non bisogna avere il coraggio di assumere e rivendicare la responsabilità delle proprie azioni, se ad esse si affianca la convinzione che esse rappresentino il miglior risultato possibile in un determinato momento ed in un particolare contesto socio-economico.

Poi c’è l’altra faccia della medaglia, costituita da coloro che, scegliendo una strada preferenziale, decidono di non decidere, non assumendosi alcuna responsabilità e dunque, a loro parere, non sbagliando mai, perché gli errori li commette solo chi agisce. Il problema, però, è che chi si comporta in questo modo si mette al riparo da critiche e gonfia il petto, ma quasi sempre omette di fare ciò che dovrebbe rientrare in cima alle sue prerogative: tutelare i lavoratori invece di tutelare se stesso.

Fra questi poi esiste qualcuno che non solo decide di restare “tra color che son sospesi”, ma cerca di mettere i bastoni tra le ruote a chi cerca di operare per migliorare le condizioni di lavoro: accade così che, nelle vicende riguardanti il recente rinnovo del CCNL, l’USB presenti una diffida legale all’ARAN, allo scopo di impedire la stipula definitiva del Contratto da loro non sottoscritto, circostanza che gli impedirebbe di partecipare ai successivi livelli di contrattazione integrativa. Si preferisce quindi, per i soliti interessi di bottega, cercare di mantenere lo status quo, e dunque gli aspetti più beceri della legge Brunetta, di una Pubblica Amministrazione che continuerebbe ad agire d’imperio, senza la necessità di confrontarsi con i rappresentanti dei lavoratori, e che dunque proseguirebbe nel calpestare la professionalità e la dignità dei propri dipendenti senza il pericolo di dover affrontare alcun argine posto a loro difesa.

È chiaro a tutti che ci troviamo dinanzi a due visioni del mondo del lavoro (e del sindacato) diametralmente opposte: da un lato chi preferisce fare proposte volutamente “fascinose” ma ovviamente irrealizzabili (aumento di 300 euro in busta paga per tutti, area unica amministrativa e 32 ore senza decurtazioni stipendiali) per poi millantare patenti di “paladini della libertà e della democrazia” al riparo da inutili e pericolosi giudizi sul loro (non) operato; dall’altro c’è invece chi scegli di sporcarsi le mani e metterci la faccia, con la consapevolezza che è sempre possibile fare meglio, ma che a volte il “meglio” non coincide con il massimo ottenibile, ma che rappresenta comunque un risultato ragguardevole, come è per noi il nuovo contratto che ridà, finalmente, al lavoratore un ruolo centrale e strategico in ambito di Pubblica Amministrazione, nonché alle OO.SS. la possibilità di poter nuovamente incidere sulle scelte riguardanti l’organizzazione del lavoro.

Alla fine saranno comunque i lavoratori a decidere quale di questi percorsi sia quello più consono al loro benessere, e su chi far ricadere la loro fiducia, ma su questo siamo certi che la forza delle idee ed i coraggio delle proprie azioni non potranno che prevalere sulla demagogia e l’autoreferenzialità.

Roma, 12 febbraio 2018

          IL COORDINAMENTO